La forza dell’amore che genera amore. Essere una madre.
17 Dic 2019
Tre anni fa, a quest’ora, stava terminando la notte più lunga della mia vita. L’arrivo delle contrazioni, la corsa in ospedale, le paure, la solitudine, l’attesa interminabile. Per tutta la notte su e giù nel corridoio cercando di gestire il dolore, attenta in maniera quasi ridicola a non disturbare chi invece in reparto stava dormendo. Sola, perché in ospedale erano troppo bigotti per lasciar restare mio marito con me. Al telefono con mia madre, arrabbiata con la vita perché non poteva essere lì ad accarezzarmi la schiena e cercava un modo per esserci, dal suo letto, in viva voce, accanto a mio padre, che provava a convincermi a pensare a me, almeno per una volta.
Finalmente mattina. Ricordo ancora il momento in cui ero in piedi, poggiata ad una porta celeste un po’ sbiadita, ad aspettare il mio ultimo tracciato. Il dolore era quasi più dolce, ero rilassata. Avevo finalmente la mia famiglia accanto a me. Quel ragazzo che avevo conosciuto dieci anni prima, quasi per gioco, era lì con me, premuroso e trepidante, in attesa di diventare padre di nostro figlio. Mia cugina era arrivata a farmi quelle carezze sulla schiena che mia madre non poteva darmi. Mio padre aveva gli occhi lucidi e prestava un braccio e un po’ di forza a mia madre, che nonostante tutto aveva preteso di essere portata lì. Mia suocera non stava più nella sua pelle al pensiero di conoscere il suo nipotino.
Dal tracciato in sala travaglio. Ore intense. Una vera prova di resistenza. Su quel lettino ho salutato la ragazza spensierata che già poche volte ero riuscita ad essere e sono diventata una donna. Ho fatto a pugni con le mie debolezze. Ho pianto per ogni sbaglio commesso. Ho sorriso al ricordo dei momenti perfetti. Ho sentito forte l’abbraccio di mia nonna, a cui avevo detto addio pochi mesi prima. E tutto questo mentre mio marito mi stringeva la mano, senza lasciarmi neanche un attimo. Era lì per me, per noi. I suoi occhi erano vigili, forti. Era il mio momento per cedere e lui resisteva per entrambi. E controllava tutto e tutti. Mi sentivo sfinita, ma al sicuro.
Dormivo, urlavo, ridevo, piangevo. Momenti confusi. E poi un grido, un pianto. Ho incrociato i tuoi occhi. Così piccoli e così grandi. Così simili ai miei. Il tuo profumo. Le mie labbra sui tuoi capelli neri neri. La tua pelle. Indelebile.
Una magia. Il miracolo della vita. La forza dell’amore che genera amore.
Stamattina sono qui, in piedi, poggiata a questa porta bianca, a guardarti dormire nel tuo letto. Una lampada proietta delle stelline azzurre sul soffitto. Poi cambia colore. E poi ancora, e poi ancora. È andata avanti così per tutta la notte. Mentre io facevo su e giù nel corridoio per venire da te. Non ho chiuso occhio. Il silenzio nella nostra camera era troppo assordante.
Per la prima notte in questi tre anni non sentivo il tuo respiro e i tuoi movimenti accanto a me. Non mi bastava stendere la mano per toccare la tua, calda e soffice. Venivo a guardarti, incredula e apprensiva, nostalgica e romantica. E tu eri lì, beato, a dormire con i tuoi peluches. Sul tuo viso l’espressione della serenità che ti contraddistingue. Quella serenità con cui hai percorso e affrontato ogni gradino del tuo percorso, rendendoci tutto così semplice e naturale.
Sul muro le tue foto in ordine cronologico mi raccontano il bambino meraviglioso che sei, i tuoi sorrisi, le tue scoperte, le tue espressioni da furbetto, i tuoi primi passi, e i nostri con te. E mi dico che sei cresciuto e devo iniziare a prenderne atto. Che io non sono mai stata pronta alle tue prime volte, ma tu mi hai sempre messo davanti al fatto compiuto, insegnandomi ogni volta qualcosa. E che mi sento così fortunata a poter godere dello spettacolo impagabile della tua vita. A poterti dedicare il mio tempo e la mia fantasia, nutrendomi dei tuoi occhi vivaci e dei tuoi sorrisi dolci.
Resterei così a guardarti dormire per ore, calibrando il mio respiro per sincronizzarlo al tuo. È il momento di svegliarti, però. La giornata deve iniziare. Una candelina a forma di tre entra su un muffin nella tua camerette, portata da mamma e papà, che sussurrano dolcemente: “Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri Emanuele, tanti auguri a te!”
Buon compleanno, amore mio.
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